L'ARTIGLIERIA IN ADAMELLO

 

 

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il 149 G in postazione al Passo Venerocolo a quota 3141 m dal Diario di Nino Calvi (Archivio Gianni De Giuli)

Il film “Il mestiere delle armi” di Ermanno Olmi racconta le ultime gesta guerriere e della morte avvenuta il 30 novembre 1526 del condottiero Giovanni delle Bande Nere per la ferita ad una gamba causata da un colpo di falconetto. Olmi colloca in questa data il mutamento dell’arte della guerra grazie all’arrivo sui campi di battaglia delle prime artiglierie , la cui nascita è ovviamente legata alla polvere da sparo di cui, Ruggero Bacone già ne descriveva la formula nel 1249. La prima illustrazione di un pezzo d’artiglieria appare nel 1326 in un codice miniato scritto per il re di Inghilterra Edoardo III, raffigurante una specie di bottiglia in metallo fissata ad una panca con inserito all’interno un proiettile a forma di freccia. Tra il 1350 e il 1450 si utilizzò per le artiglierie il ferro e poi si tornò di nuovo al bronzo e, finalmente col progresso delle tecniche metallurgiche, dal 1850 si forgiarono bocche da fuoco in acciaio. Le invenzioni tecniche fondamentali che trasformarono e migliorarono l’utilizzo dei cannoni furono: l’affusto ruotato ne aumentò la mobilità; gli orecchioni ne semplificarono l’elevazione; la retrocarica ne aumentò la celerità di tiro,da ricordare che era già presente nel XV secolo ma con ovvi problemi di tenuta dei gas risolti dall’otturatore moderno; l’acciaio per le bocche da fuoco e finalmente l’affusto a deformazione. Non dobbiamo dimenticare l’evoluzione dei sistemi matematici di calcolo delle traiettorie dei proiettili e dei relativi sistemi di puntamento. Questo articolo è dedicato agli artiglieri alpini, d’assedio, da campagna e bombardieri che in mezzo a mille difficoltà, incompresi dai loro superiori, fecero il loro dovere, o meglio viste le condizioni climatiche e orografiche andarono oltre ogni umano limite.

 

L’ARTIGLIERIA ITALIANA IN ADAMELLO – 1915-18

La caparbietà degli alti comandi militari di mantenere in uso materiali militari obsoleti non è stata solo una prerogativa italiana. Accadde così che durante la prima guerra mondiale furono i soldati di ambedue gli schieramenti a provare sulla loro pelle cosa significasse l’impreparazione od il trovarsi a combattere con mezzi inadeguati od inferiori a quelli del nemico. Il loro utilizzo rispondeva sempre alla solita necessità di risparmiare sulle spese belliche e si giunse a combattere una guerra con materiali moderni affiancati ad autentici ferrivecchi prelevati dai musei e più pericolosi per chi li utilizzava che per il nemico. Nel caso dell’artiglieria questo si rivelò un errore gravissimo! Per capire bene il problema facciamo un passo indietro nel tempo e nella relativa tecnica di fabbricazione ed impiego delle artiglierie. Fino al 1891 gli artiglieri dopo ogni colpo (vedi figura 1) erano obbligati a rimettere il pezzo in batteria ed a ricontrollare tutti i dati di tiro prima di poter sparare di nuovo. L’invenzione che cambiò radicalmente l’utilizzo e la potenza delle artiglierie fu quella dell’affusto a deformazione (vedi figura 2) per opera del tedesco Haussner nel 1891, ma fu la Francia che nell’arsenale di Puteaux costruì in gran segreto il pezzo a deformazione da 75 millimetri beffando i tedeschi. Diminuì la fatica degli artiglieri e si ottenne una più elevata celerità di tiro, un controllo dei dati di tiro più rapido, o meglio, eliminando falsi moralismi si aumentò la probabilità di uccidere più uomini in minor tempo.

Premessa tecnica sulle artiglierie

Iniziamo così a chiarire i termini tecnici d’uso in artiglieria ponendo dei punti fermi con l’utilizzo delle classiche definizioni:

Artiglierie: armi da fuoco di peso e dimensioni tali da richiedere mezzi speciali per il trasporto ed un affusto che garantisca un solido appoggio sul terreno. Sono caratterizzate dalla capacità di lanciare a distanza una massa (proietto) atta a produrre effetti distruttivi sul bersaglio. Tutte le artiglierie moderne, tranne i mortai, sono a retrocarica: il proiettile è inserito dal retro della bocca da fuoco, seguito dalla carica di lancio. La chiusura dell’otturatore ne assicura la tenuta ermetica ai gas sviluppati dalla deflagrazione[1] al momento dello sparo.

Calibro: si indica in millimetri ed è il diametro interno della bocca da fuoco (canna) misurata tra i pieni della rigatura.

Gittata: distanza tra il punto di partenza (dove è situato il pezzo d’artiglieria) e quello d’arrivo del proiettile ( coincidente col bersaglio)

Batteria: per il Regio Esercito Italiano fino al 1914 era basata su 4 pezzi e per quanto riguarda gli organici una batteria da montagna basata sul cannone da 65/17 contava su 3 ufficiali e 384 uomini di truppa.

Elementi costitutivi di un’artiglieria sono:

Elementi resistenti: ovvero gli elementi che devono resistere alle sollecitazioni dello sparo

Bocca da fuoco - Affusto

Elementi attivi, ovvero quelli che causano al pezzo di artiglieria le sollecitazioni dello sparo

Carica di lancio - Proietto

Elementi resistenti

Bocca da fuoco o canna - indica la parte del cannone o obice che viene percorsa dal proiettile ed è costituita da un tubo in metallo rigato all’interno elicoidalmente.

Camera di scoppio - è la parte non rigata della canna dove avviene la deflagrazione dell’esplosivo della carica di lancio e viene chiusa ermeticamente dall’otturatore.

Otturatore - è l’elemento situato nella parte posteriore della canna che consente la chiusura ermetica della culatta al momento dello sparo.

Affusto - è la parte che sostiene la bocca da fuoco e che deve resistere alle sollecitazioni dello sparo, nel caso di Ippopotamo siamo di fronte ad un affusto di tipo rigido, tipologia da tempo abbandonata per gli affusti a deformazione (figura 2), ovvero l’energia del rinculo viene attenuata da “ammortizzatori”, che vengono denominati “organi elastici”, in pratica simili per funzionamento a quelli delle automobili, ma molto più complicati. (dal francese affuster, appoggiarsi ad un fusto d’albero), gli orecchioni sono dei perni ricavati sull’asse trasversale della bocca da fuoco che la collegano così all’affusto appoggiandosi sulle orecchioniere.

 schema cannone affusto rigido Model

 

 Figura 1) - Un pezzo di artiglieria ad affusto rigido al momento dello sparo. L’energia del contraccolpo (rinculo) lo faceva arretrare e così gli artiglieri perdevano tempo prezioso per rimetterlo in posizione (o in batteria) per il nuovo tiro (Disegno Omar Fantini)

Elementi attivi

Carica di Lancio - è costituita da esplosivo che all’accensione sviluppa una notevole quantità di calore che si trasforma in lavoro e che fornisce energia cinetica al proietto, in pratica i gas si espandono spingendo il proietto all’interno della canna e facendolo fuoriuscire, insomma effetto tappo bottiglia di champagne per essere semplici. Per innescare la deflagrazione viene usato un elemento detto “cannello, ha la stessa funzione della capsula detonante che si trova sul fondello dei bossoli da fucile o pistola, solo che è più grande.

Proietto - è il corpo metallico, sferico o cilindrico ogivale, cavo o pieno che dopo essere uscito dalla canna percorre una determinata traiettoria per colpire l’obbiettivo da neutralizzare.

schema cannone a deformazione Model

 

Figura 2 - Disegno schematico di un pezzo d’artiglieria moderno con evidenziati gli elementi costitutivi: 1 prima e 2 dopo lo sparo e il settore di tiro mediante affustino (Disegno Omar Fantini)

Strumenti di puntamento

Colpire il bersaglio è il compito principale di un artigliere, agli albori il puntamento della bocca da fuoco doveva essere effettuato a vista, orientando l’asse longitudinale verso il bersaglio e traguardandolo con la culatta  e la volata. Con l’evoluzione dei materiali, degli studi balistici e topografici apparvero gli strumenti di puntamento a cannocchiale collocati su cannoni,obici e mortai, questi permisero una maggiore precisione del tiro diretto e, cosa importantissima, l’utilizzo del tiro senza vedere il bersaglio designato dall’osservatore e rimanendo fuori vista dal nemico.

Meccanismi di sparo

Il più semplice meccanismo di sparo in uso  quello che chiamo a martelletto, ovvero l’artigliere tirando una fune fa sì che un martello percuota il cannello d’accensione inserito in un foro dell’otturatore, attualmente i meccanismi sono simili a quelli delle armi da fuoco portatili.

Classificazione delle artiglierie in Italia nei primi del 1900

All’inizio del 1900, l’allora Regio Esercito Italiano, suddivideva l’artiglieria in: artiglieria d’assedio, da campagna, da montagna, da fortezza, da difesa costiera e la nascente artiglieria contraerea. Per distinguere le varie artiglierie si utilizzava la lunghezza in calibri, ad esempio il 149/23 G significava: calibro 149 mm e 23 indicava la lunghezza della bocca da fuoco in calibri ossia: 149 mm moltiplicati per 23 calibri ne danno una totale lunghezza pari a 3438 mm compresa la camera di scoppio e la sede dell’otturatore (la misura è stata confermata dagli amici del Museo Nazionale di Artiglieria di Torino). Da questa deriva la classificazione dei pezzi d’artiglieria in: cannoni, obici e mortai. Definizione che possiamo ritrovare nel bello ed interessante libro L’artiglieria italiana nella Grande Guerra ” e precisamente nel capitolo “ Cenni tecnici sulle artiglierie, tattica e impiego“, nel quale l’autore Filippo Cappellano scrive “ In relazione della lunghezza dell’anima, espressa in calibri, le artiglierie si classificavano in cannoni lunghi da 20 a 50 calibri, obici da 9 a 18 calibri, mortai da 8 a 10 calibri”. Qui inizia il vero problema e la ricerca di questa suddivisone su diversi testi mi ha portato alla stesura della seguente tabella:

Autore

Titolo Libro

Definizione

a cura di.

Andrea Curami e Alessandro Massignani

 

L’artiglieria italiana nella Grande Guerra

Cannoni: da 20 a 50 calibri

Obici: da 9 a 18 calibri

Mortai: da 8 a 10 calibri

AA.VV.

Enciclopedia Italiana Treccani

Cannoni: superiori ai 25 calibri

Obici: da 12 a 25 calibri

Mortai: inferiore ai 12 calibri

 

appunti dell’autore tratti dal corso 134° A.U.C. Scuola Artiglieria a Bracciano

La definizione era sul tipo di traiettoria

per questo si veda il paragrafo seguente

Vittorio Martinelli

Guerra alpina sull’Adamello 1915-1917

La Grafica Bolzano 1996

Cannoni: superiori ai 19 calibri

Obici: da 10 a 19 calibri

Mortai: inferiore ai 10 calibri

AA.VV.

Enciclopedia ragionata delle armi

A cura di C. Blair Mondadori 1979

Cannoni: superiori a 20 calibri

Obici: da 12 a 25 calibri

Mortai: (definizione non riportata)

Purtroppo invece di chiarire il concetto lo complica! Aggiungiamo quindi al nostro mosaico l’elemento determinante: le traiettorie del proiettile.

Definizioni di cannone, obice e mortaio secondo le traiettorie

La balistica è un ramo della fisica che studia il moto di un proiettile definendo le leggi e le formule per calcolarne le traiettorie, ed appunto queste ultime danno un’ulteriore, ma moderna, definizione dei vari pezzi di artiglieria. Il compito di un artigliere è di colpire un bersaglio nemico, sia esso mobile o immobile, sia esso uomo o cosa, con precisione, causando il massimo danno, senza farsi colpire a sua volta dal tiro di “controbatteria” nemico. Con l’evoluzione nel tempo delle artiglierie, si è tentato di dare delle leggi al loro tiro, passando dai tiri di artiglieria a “vista”, ovvero dagli aggiustamenti al tiro basati sull’esperienza ai dati di tiro calcolati. Fu Nicolò Tartaglia (1499-1557) il primo a tentare di risolvere i problemi delle traiettorie dando una risposta matematica, ma non ci riuscì. Contributi importanti con i loro studi li diedero, direttamente o indirettamente, Galileo Galilei, Isaac Newton (1710) e J. Bernoulli (1719), nomi tra i più illustri studiosi di fisica e matematica della storia. In seguito si impegnarono studiosi sia civili che militari per affinare le formule teoriche per renderle applicative ai tiri di artiglieria, sia su carta e sia sperimentando sul campo. Sperimentare sul campo significava calcolare per prima cosa la traiettoria su carta, con un punto di partenza (la posizione del pezzo di artiglieria), un punto di arrivo (il bersaglio) e poi sparare il proiettile. Conosciuto il punto d’impatto, se questo non coincideva con quello calcolato, se ne cercavano le dovute correzioni. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 si ebbero parecchi chiarimenti sulle leggi del moto dei proiettili, l’artigliere divenne così un “matematico applicativo”. Le figure 3 e 4  mostrano la classificazione delle artiglierie rispetto alle traiettorie dei proiettili, i cannoni hanno un tiro teso con velocità del proiettile elevate, i mortai hanno velocità più ridotte e gli obici hanno caratteristiche intermedie. Ricordiamo che la gittata massima si ottiene elevando la bocca da fuoco a 45° e che i cannoni sfruttano il primo arco della traiettoria, con traiettorie tese, mentre obici e mortai ne sfruttano il secondo, attenzione a non confondere il primo arco con la traiettoria ascendente e il secondo con la traiettoria discendente. I due archi sono divisi dal punto di contatto della linea di inviluppo di tutte le traiettorie con la traiettoria scelta e sfruttare il secondo arco per colpire il bersaglio dietro una collina è compito degli obici e dei mortai. Non è possibile catalogare i pezzi di artiglieria con i gradi dell’alzo, pensate che i cannoni contraerei hanno un’elevazione prossima ai +90 gradi e che il cannone da 75 modello 1911 aveva un’elevazione paria a +65 gradi. Permettetemi un’ultima precisazione da artigliere: come ben sapete l’angolo giro è apri a 360 gradi, ma in artiglieria l’angolo giro si divide in 6400 millesimi, dove un millesimo è pari (vedi figura 4) all’angolo formato da un triangolo rettangolo il cui cateto maggiore è lungo un chilometro e quello minore è pari ad un metro.

 traiettorie e definizioni artiglierie Model2

Figura 3) Disegno schematico dei vari tipi di artiglierie (Disegno Omar Fantini)

Ricordiamo che attualmente l’Esercito Italiano ha in dotazione, come pezzo d’artiglieria a traino meccanico, l’obice da 155 mm da 39 calibri “FH-70”.

L’osservatore d’artiglieria

Il compito di individuare il potenziale bersaglio da colpire era ed è affidato all’ufficiale osservatore, che può trovarsi in prima linea cooperando con le truppe, isolato o in posizione fissa elevata. Nella prima guerra mondiale vennero utilizzati scale come quelle dei pompieri ed anche dei palloni aerostatici frenati (detti Draken) ma l’evoluzione dell’arma aerea ne terminò la breve carriera. In Adamello gli osservatori di artiglieria sfruttarono le vette e le creste delle montagne, condizioni “favorevoli”, con la nota dolente  delle temperature polari, gli osservatori erano “nei nidi delle aquile”. Ricordiamo quali attualmente sono i compiti di un osservatore di artiglieria:

La ricerca e l’acquisizione degli obbiettivi dandone alle batterie le coordinate topografiche

L’osservazione del tiro e quindi comunicare alla batteria le correzioni

Il concorso alla sorveglianza del campo di battaglia

Ricordiamo alcune delle posizioni degli osservatori in Adamello: Monte Venezia (3290), punta Castellaccio (3029) e Crozzon di Lares (3354).

L’artiglieria in Adamello

Dall’analisi dei libri sulla Guerra Bianca, in particolare di quelli del  Viazzi, si ha l’immediato sospetto che all’inizio delle ostilità su quel tratto di fronte si mandò quanto di più obsoleto il Regio Esercito Italiano disponesse nel proprio parco d’artiglieria, questo sempre in conseguenza del fatto che quel fronte era considerato “secondario” rispetto ai campi di battaglia insanguinati del Veneto e del Friuli! Il sospetto poi si tramuta in certezza trovando calibri e caratteristiche dei pezzi d’artiglieria impiegati. All’inizio questo causò non pochi problemi a partire da quelli logistici sul rifornimento di munizioni perché i calibri erano tra i più disparati. Arrivò anche una batteria di cannoni da sbarco della marina da 76 S sulla quale si riversò l’umorismo degli alpini, anche se i pezzi erano a deformazione. Vediamone brevemente con l’aiuto della seguente tabella i modelli, citati nei libri o tratti dalle fotografie,ovviamente ne mancheranno alcuni, utilizzati sul fronte dell’Adamello con i relativi dati tecnici:

Cannoni

Modello

Tipo di affusto

Calibro

mm

Lunghezza

In calibri

Peso in batteria kg

Elevazione

Gittata Max

42

42

36

305

-21° +10°

5000

65 mon

65

17

460

-7,3° +20°

6500

70 mon

70

15

387

-12° +21°

6500

75 B mon

75

13

244,5

-13° +19°

3000

75/A

75

30

1040

-10° +17°

8100

75/1911

75

29

1073

-15° +65°

8400

76/S

76

45

2204

-5° +80

7900

75/1906

75

30

1015

-10° +16°

8400

87/B

87

24

1037

-8,5° +19,25°

6900

149/A

149,1

35

6630

-10° +35°

14200

149/G

149,1

23

5297

-10° +35°

9300

149/G

149,1

23

4100

-8° +42°

9300

Obici

Modello

Tipo di affusto

Calibro

mm

Lunghezza

In calibri

Peso in batteria kg

Elevazione

Gittata Max

149/G

149,1

14

2832

-25° +65°

6400

305

305

17

37230

-8° +65°

14600

210

210

14

5447

-10° +35°

7400

Mortai

Modello

Calibro

mm

Lunghezza

In calibri

Peso in batteria kg

Elevazione

Gittata Max

149/A

149,1

6

1920

-20° +60°

3350

 

Bombarde

Modello

Calibro

mm

Lunghezza

In calibri

Peso in batteria kg

Elevazione

Gittata Max

240 L

240

1818

+45° +75°

2500

 

Leggendo attentamente le tabelle e ricordando quanto detto in precedenza, notiamo che l’obice da 210 ha gli stessi dati di elevazione del cannone da 149 G, però era classificato obice! L’ultima importante considerazione da fare, riguarda l’impiego sul campo di battaglia di queste artiglierie e in particolar modo quelle di piccolo calibro. Cannoni come il 70 da montagna e il 65/17 avevano un’elevazione di tiro davvero ridotta e questo obbligò gli artiglieri alpini al loro uso “in vista del nemico”, dietro trincee di sassi, di neve o da cannoniere scavate nella roccia, come testimoniano fotografie d’epoca, utilizzando il tiro d’infilata. Ora i moderni cannoni e obici hanno elevazioni tali da permetterne l’utilizzo per il tiro indiretto e quindi al riparo dal nemico. Per ovviare alla scarsa elevazione dei loro pezzi gli artiglieri della prima guerra mondiale misero in batteria i pezzi nei modi più fantasiosi ed incredibili: impennando i cannoni sui bordi delle trincee, mettendo sacchi di sabbia sotto le ruote o assi di legno inclinati, legandoli a pareti rocciose per non farli cadere nel baratro, per non parlare poi dei cannoni utilizzati per il tiro contraereo appoggiati sopra a tronchi di cono in cemento!

cannone 149 g Modello

Figura 4 : tre pezzi d’artiglieria italiana della prima guerra mondiale a) 149/23 G b) 64/17 c) 75 modello 1911

 

Considerazioni finali

Sembra essere lo sport nazionale quello di complicarci la vita inseguendo definizioni e spulciando tra i libri di testo cercando conferme alle nostre tesi, ad esempio definire un certo pezzo d’artiglieria “obice o cannone?”, certo la stupidità del problema balza immediatamente agli occhi! La cosa importante è che utilizzando come punto di partenza questa domanda si approfondiscono le nostre conoscenze e si trovano libri dimenticati su uno scaffale di biblioteca o fotografie di artiglieri di cui, oggi, nessuno ne ricorda il nome o il sacrificio.

Omar Fantini